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Le complicanze della protesi di anca

Le complicanze di un intervento di protesi totale di anca

Ogni operazione chirurgica comporta dei rischi e le malattie associate li aumentano. Il lavoro dell’équipe chirurgica consiste nel prevenire le complicanze nella misura del possibile.

Le complicanze precoci

  • L’ematoma è inevitabile se pensiamo che l’osso viene sezionato (i globuli rossi sono fabbricati nelle ossa). Nella maggior parte dei casi, l’ematoma si riassorbe spontaneamente. Un’ecchimosi (colorazione blu della pelle senza raccolta) non deve essere confusa con un ematoma.
  • L’infezione acuta è rara. La contaminazione avviene attraverso la pelle e questo giustifica le draconiane precauzioni intorno a questa chirurgia: ambiente sterile, maniacale preparazione del sito chirurgico sia in reparto che nel blocco operatorio, somministrazione preventiva di antibiotici.
  • La flebite (coagulo in una vena) è prevenuta con un trattamento sistematico di anticoagulanti, facendo alzare il paziente precocemente e facendogli indossare delle calze antitrombo. Tuttavia, la possibilità che questa possa sopravvenire e la sua potenziale gravità (embolia polmonare), devono incitare l’équipe chirurgica a riconoscerne i segnali e, al minimo dubbio, a far effettuare un esame doppler.
  • Una frattura ossea al momento dell’impattazione degli impianti, viene spesso evidenziata secondariamente. Questa complicanza giustifica l’effettuazione delle radiografie post operatorie, che vengono poi ripetute.
  • La lussazione della protesi può sopravvenire nei primi due mesi dopo l’intervento. La prevenzione giustifica sia la scelta di certi tipi di protesi nei soggetti anziani , sia un’efficace riabilitazione per tutti i pazienti al fine di evitare i principali movimenti a rischio lussazione.

L’ematoma, l’infezione, la frattura e la lussazione possono rendere necessario un reintervento in urgenza.

Le complicanze tardive

  • L’usura e le sue conseguenze sono fenomeni ineluttabili dopo 20-25 anni dall’intervento. Essendo asintomatica, visto che metalli e plastica non contengono nervi, è auspicabile un controllo radiografico regolare. L’usura può portare ad un reintervento.
  • La mobilizzazione, cioè la rottura dei mezzi di unione tra l’osso e gli implanti, che siano o meno cementati, conducono all’apparizione di dolori e ad un probabile reintervento. All’origine del fenomeno di mobilizzazione ci può essere la ‘stanchezza’ del cemento (per le protesi cementate) o quella dell’osso (per quelle non cementate), ma anche la presenza di detriti d’usura. La diagnosi di mobilizzazione, si basa sugli esami radiografici, sulla scintigrafia e sull’esame tc. Può sopravvenire rapidamente ed in questo caso si parla di non fissazione primitiva. La mobilizzazione si verifica più di frequente tardivamente ed è spesso associata all’usura.
  • L’infezione tardiva sopravviene nella maggior parte dei casi per via sanguigna a partire da un focolaio (denti, urine, polmoni) da qui l’interesse di una valutazione preoperatoria di questi. Successivamente è fondamentale che il soggetto portatore di protesi curi in modo particolare l’igiene. L’infezione porta spesso ad una mobilizzazione e ad un reintervento.
  • La rottura dell’impianto, in particolare della componente femorale metallica o della testa in ceramica, è un evento raro e fastidioso che porta ad un reintervento spesso difficile ed urgente.
  • Il rigetto: il termine ‘rigetto’ è un termine improprio che caratterizza in realtà la non riuscita di un trapianto. I materiale industriali utilizzati per la composizione delle protesi di anca sono bio compatibili ed i fenomeni di allergia sono estremamente rari, mentre i frammenti di usura sono tossici e possono dare luogo a dei fenomeni infiammatori dolorosi (granuloma, osteolisi, mobilizzazione). Un’infezione della zona della protesi può trasformarsi in rigetto.