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Consenso informato: tutto ciò che dovreste sapere a riguardo

Che cos’è il ‘consenso informato’? La definizione cita: è l’“adesione consapevole del paziente alle decisioni sul trattamento terapeutico da seguire, realizzata attraverso una informazione esaustiva e preventiva sulle sue condizioni di salute e soprattutto sui rischi connessi alla terapia stessa.” (vedi Wikipedia).

Un po' di storia sul consenso informato

Da sempre, seguendo il principio di Ippocrate, il medico ha esercitato il suo dovere/diritto di non rivelare niente al paziente riguardo al suo stato di salute, per evitare che questi potesse magari compiere gesti estremi ma anche per conservare prestigio e autorità.

Il consenso del paziente non aveva dunque nessuna rilevanza, non veniva richiesto, e il medico decideva da solo il tipo di cura e ne valutava le implicazioni. La relazione paziente-medico era semplice: si basava sull’assunto che il primo avesse la conoscenza, mentre il secondo si fidasse ciecamente.

Impensabile che chi si sottoponesse a un trattamento medico proposto dal curante dovesse esserne pienamente consapevole: l’informazione preventiva era a discrezione del medico, che pretendeva e otteneva incondizionata fiducia.

Dall’inizio del XX secolo però le cose cambiano e , nel 1914, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiara che: “ogni essere umano adulto e sano di mente ha il diritto di decidere su cosa vada fatto al suo corpo”. Così il medico non ha più il potere di decidere, ma solo quello di proporre.

Sarà poi nel 1957 che vedrà la luce il concetto di “informed concent” (ovvero consenso informato), che sancirà il principio dell’autonomia decisionale del paziente in contrapposizione al potere incontrastato dei sanitari.

In Italia, il consenso informato all’atto medico trova la sua essenza nell’articolo 13 della Costituzione che afferma l’inviolabilità della libertà personale e, nell’articolo 32 della stessa Costituzione, si dichiara che “nessun può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se no per disposizione di legge”.

Tale concetto è stato confermato dalla Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina (Convenzione di Oviedo Consiglio d’Europa 4 aprile 1997) con l’articolo 5:

“Regola generale Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto un’informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può̀, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso.”

Il codice di deontologia medica prevede all’articolo 33 l’informazione al cittadino:

“Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata.” e nell’articolo 35 le modalità di acquisizione del consenso “Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all’art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l’incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente.”

Il consenso informato oggi

Queste nuove regole hanno imposto un cambiamento nella relazione medico-paziente che è descritta nel libro “Le biotecnologie: aspetti etici, sociali e ambientali”, di Mariachiara Tallacchini,Fabio Terragni:

“Entriamo nell’era della medicina moderna, in cui emerge un paziente in grado di esercitare la sua autonomia di scelta. I nuovi modelli di relazione tra il guaritore e il malato non poggiano più sul principio di beneficienza, ma hanno come base il principio di autonomia. Così il modello contrattualistico di Hugo Tristram Engelhard, che afferma la priorità del principio di autonomia sul principio di beneficienza. In questo caso il rapporto medico-paziente si basa su un reciproco contratto dove le parte interagiscono in modo che obblighi e benefici siano equamente suddivisi. È questa una relazione di tipo impersonale e funzionale e ha un orientamento prevalentemente deontologico. Impersonale è anche il rapporto del modello utilaristico che, seguendo la regola per cui una norma è buona quando produce il miglior bene, ha come fine la piena soddisfazione del malato, raggiunta attraverso un’alta competenza professionale del medico che priva però il paziente della sua realtà individuale. Al contrario, nel modello dell’alleanza terapeutica di Edmund Pellegrino e David Thomasma, il medico ricerca non solo il bene fisico del paziente, ma anche quello psicologico, socialo e spirituale. Il bene del malato non è solo un fatto fisico-biologico, ma si estende a una prospettiva multidimensionale che combacia con l’intera esperienza del malato. Questo modello che valorizza l’autonomia senza però assolutizzarla e riscopre il principio di beneficienza basato sulla fiducia, prevede che vi sia un’informazione esauriente, corretta e dispensata in maniera personalizzata e che il terapeuta non solo abbia le necessarie competenza tecnico scientifiche, ma anche delle capacità psicologiche relazionali adeguate a prendere in carico il paziente.”

In conclusione:

  • il consenso informato scritto è obbligatorio per qualsiasi intervento chirurgico,
  • deve essere preceduto di un’informativa adeguata,
  • è revocabile dal paziente a qualsiasi momento.

L’informativa deve essere esauriente (situazione clinica obiettiva, descrizione dell’intervento necessario, tecnica e materiale impiegati, benefici attesi e rischi presunti e eventuali complicanze) ed esplicativa dell’intervento per permettere al paziente, capace di intendere e volere, di dare il suo consenso alla procedura chirurgica con piena consapevolezza.

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